Posidonia spiaggiata e dune costiere: bilanciare conservazione e fruizione turistica

Poiché si prevede che i cambiamenti climatici influenzeranno gli ecosistemi costieri attraverso l’aumento dell’intensità delle tempeste, delle temperature e del livello del mare, è fondamentale dare priorità alla conservazione dei sistemi spiaggia-duna.

Gli accumuli di detrito vegetale spiaggiato sono generalmente percepiti come un fastidio dai bagnanti e, nelle aree turistiche, vengono rimossi dai comuni o da operatori privati prima della stagione balneare, spesso tramite l’uso di macchinari pesanti, con l’obiettivo di offrire aree ricreative “pulite” e gradevoli dal punto di vista estetico. Tuttavia, questa pratica di gestione, nota come rastrellamento o pulizia meccanica delle spiagge (beach raking/grooming), oltre ad alterare il bilancio sedimentario e danneggiare gli ecosistemi costieri, solleva anche problemi legislativi e logistici, soprattutto in merito alla gestione del materiale raccolto.

Gli spiaggiamenti di detrito, composti principalmente da foglie e rizomi della Posidonia oceanica, sono frequenti lungo le coste del Mediterraneo. Quando assumono la forma di depositi estesi e compatti vengono definiti “banquettes”. Una volta trasportato dal vento verso le dune, il detrito può favorire la formazione del sistema dunale intrappolando la sabbia e fornendo nutrienti alle piante. Inoltre, rappresenta una fonte importante di sabbia carbonatica per la spiaggia stessa. Gli accumuli di Posidonia oceanica e di altre macrofite, indipendentemente dal substrato in cui si trovano (roccia biogenica o meno, sedimento grossolano, sabbia, ecc.), sono inclusi tra gli habitat di particolare interesse conservazionistico dal protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona.

Secondo la legislazione italiana, questo materiale può essere rimosso con mezzi meccanici e smaltito in discarica oppure utilizzato per produrre biogas tramite digestione anaerobica o compost per colture, in linea con le normative europee sui rifiuti. Sono stati inoltre proposti approcci alternativi che prevedono la gestione del detrito direttamente all’interno della spiaggia in cui si deposita naturalmente, spostandolo dalla linea di battigia verso aree di stoccaggio dedicate prima della stagione balneare, per poi riposizionarlo in prossimità della riva prima dell’inverno.

Un’altra possibilità consiste nel collocare permanentemente il detrito alla base delle dune embrionali adiacenti, in primavera, prima della stagione balneare. Attualmente, tuttavia, non esistono linee guida che supportino i comuni costieri nell’adozione di pratiche di gestione sostenibile del detrito spiaggiato.

A valutare gli effetti di questa specifica pratica è uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Environmental Management, condotto da ricercatori dell’Università di Pisa nell’ambito del progetto AMMIRARE.

“In questo studio, realizzato lungo la costa toscana, abbiamo voluto analizzare gli effetti del posizionamento del detrito di P. oceanica, rimosso dalla linea di riva durante le operazioni di pulizia primaverili, alla base delle dune embrionali, osservando il conseguente sviluppo delle comunità vegetali” spiega la professoressa Elena Balestri, tra le autrici dello studio e referente scientifico dell’Università di Pisa per il progetto AMMIRARE . “Abbiamo ipotizzato che questa pratica di gestione potesse influenzare in particolare l’insediamento degli individui giovanili di piante dunali, altamente sensibili a stress ambientali quali scarsa disponibilità idrica, alte temperature e seppellimento da sabbia. Abbiamo quindi indagato questi effetti su tre specie ampiamente distribuite, che svolgono un ruolo cruciale nella formazione e nel consolidamento del sistema dunale.”

I risultati mostrano che il posizionamento di uno strato sottile (<4 cm) di detrito su aree dunali già colonizzate da individui giovanili non ne compromette la sopravvivenza. Tuttavia, uno strato più spesso (8 cm)ne può ridurre la sopravvivenza fino al 70%.

Anche uno strato sottile di detrito (2 cm) può ridurredrasticamente il successo del reclutamento sessuale della nuova generazione di semi prodotti in estate dopo il posizionamento primaverile, ostacolando l’emergenza delle nuove piantine. Analogamente alla lettiera terrestre, il detrito può quindi agire come barriera meccanica e/o modificare le condizioni del microhabitat.

D’altro canto, si è osservato che le plantule che sono riuscite ad emergere  dal detrito in autunno sono sopravvissute fino alla fine dello studio. Inoltre, alcune specie mostravano una crescita maggiore in presenza di detrito che in sua assenzaQuesta risposta può essere dovuta  al rilascio di nutrienti durante la decomposizione del detrito, a conferma dell’importanza della materia organica marina per il funzionamento degli ecosistemi dunali.

Mantenere i depositi di detrito marino lungo le spiagge è considerato una soluzione naturale efficace per sostenere la resilienza degli ambienti costieri ai cambiamenti globali. Nelle spiagge turistiche dove il detrito viene regolarmente rimosso, il suo utilizzo per rafforzare le dune embrionali potrebbe conciliare le esigenze ricreative con quelle di protezione ambientale. Tuttavia, questa pratica dovrebbe essere eseguita solo quando necessario, seguendo procedure corrette che minimizzino la rimozione di sedimento e evitino danni a macroinvertebrati e vegetazione.

“I nostri risultati dimostrano che il posizionamento del detrito,” spiegano la dottoressa Menicagli e il prof. Claudio Lardicci, anch’essi tra gli autori dello studio, “rimosso durante le operazioni di pulizia della spiaggia e collocato alla base delle dune embrionali, può ostacolare l’insediamento degli individui giovanili, riducendone la sopravvivenza e influenzandone lo sviluppo in modo diverso a seconda della specie. Sulla base di questi dati, riteniamo che la gestione del detrito spiaggiato debba essere pianificata con attenzione e adattata alle condizioni specifiche di ogni sito, tenendo conto della comunità vegetale residente, della quantità massima di detrito che il sistema dunale può sostenere e della frequenza degli interventi. Ad esempio, in aree con dune ben conservate si potrebbero aggiungere manualmente strati sottili di detrito, come nel nostro studio, ripetendo l’operazione a intervalli di almeno 2–3 anni, così da consentire agli individui giovanili di accrescersi e raggiungere lo stadio adulto per poi riprodursi. Al contrario, in aree dove il sistema dunale è degradato, si potrebbe impiegare una maggiore quantità di detrito spiaggiato per colmare depressioni o discontinuità delle dune, nell’ambito di interventi di restauro.”

In conclusione, questo studio dimostra che la pratica dello spostamento del detrito dalla spiaggia e il suo posizionamento alla base delle dune, deve essere pianificata attentamente al fine di ottenere i massimi benefici da questo materiale naturale.